La catena della realizzazione dei propri obiettivi: un intreccio cosmico.
Per fare qualcosa di buono si deve essere qualcosa di buono; e quando si è qualcosa di buono si può pensare a qualcosa di buono.
Potremmo scomodare la fisica quantistica oppure la negromanzia; trattare avvalendoci di poteri occulti o farci scorta di nozioni avanzate e non ancora accessibili a tutti. Filosofia, scienza, parapsicologia, natura eccetera eccetera: sono strumenti utili alla comprensione e alla realizzazione di un obiettivo, che parte e si conclude necessariamente dall’uomo.
Come è possibile raggiungere un obiettivo? Mondando le verdure, semplice…
Prima nella mente, dopo negli intenti
E’ curioso, e spesso divertente, osservare come alcune correnti di pensiero tentino di maneggiare la Verità per mezzo di strumenti rudimentali, ingannandosi di avere in realtà scoperto la pietra filosofale.
Come se per sedare la sete si pensi di dovere ricorrere ad una detonazione, in modo da far esplodere una bottiglia colma di acqua, e spalancar le fauci tentando di raccogliere la maggior quantità possibile del liquido in caduta libera dal cielo. Alcuni sostengono sia più semplice e profittevole svitare il tappo e abbeverarsi dal collo della bottiglia.
Tale premessa, incautamente leggera, potrà forse in seguito dare luogo a qualche illuminante idea, o a momenti di presa di coscienza: tralasciamo quindi tale improbabile prologo per addentrarci nel tema principale.
E’ in corso oramai da parecchi anni un rinnovamento scientifico, o pseudo tale, che incontra nella singolarità dell’individuo l’obiettivo dei propri percorsi di studi. Sembra che l’Uomo venga rimesso al centro del Tutto, concentrando le attenzioni sulle innumerovoli possibilità che ogni singola persona abbia nello sviluppo del proprio perchè.
“Perchè” inteso come quesito di vita: il perchè dell’essere qui e la volontà di scegliere e percorrere un cammino. Questa nuova filosofia, nipote di un nuovo rinascimento, ha partorito nuove teorie, e nuove professioni: life coach, mental coach, tutor, life consultant eccetera eccetera. Professionisti della mente atti a inculcare nell’individuo la certezza che ogni individuo è potenzialmente in grado di scegliere il proprio cammino, con i propri perchè. E molti di essi risultano dannatamente efficaci.
Ed è in questo momento che, in sacro silenzio, voglio istantaneamente ritornare alle righe iniziali, come promesso, consigliando tre secondi di pensiero…
Cercando di tornare al tema del dibattito voglio sottolineare, in accordo con i professionisti del cervello e delle prestazioni mentali, la centralità di un argomento: l’importanza di avere nella mente l’obiettivo desiderato.
L’incomprensibile potere delle parole
Nel concepimento della volontà di porsi un obiettivo è necessaria una buona chiarezza. Apparirà banale, ma spesso il fallimento deriva da un paradosso di base: se non si pone un traguardo non lo si può raggiungere. In una buona percentuale di casi il fallimento arriva perchè non si ha un obiettivo, ma si credeva di doverlo avere.
E’ necessario avere l’obiettivo, ed è fondamentale vederlo. Si potrebbe obiettare nella casistica in cui il fine non possa essere accuratamente delineato; tale somma di casi è tipica per scopi astratti ma importanti, come la volontà di volere essere oppure stare. In queste occasioni, ma anche nella ricorrenza che l’obiettivo coincida con qualcosa di ponderabile (e forse a maggior ragione) è indispensabile immaginarsi alle prese con il risultato acquisito.
Vedersi aver vinto. Pensare a quel punto nel futuro in cui il cammino sarà premiato dalla conquista.
Ed è curioso notare come la parola immaginare abbia a che fare, per scopi puramente grammatico-statistici, con i termini immagine, magia e mago.
La creazione e l’immaginazione
Pare quindi, seguendo tale dissenata logica, che ci si debba prima mettere nelle condizioni mentali ottimali, partendo però dal precisare l’entità dell’ottimo.
La rappresentazione di uno status positivo implica una serie di fattori che dovrebbero convergere unitamente alla creazione dello stato ideale. Credo che tutti quegli stati d’animo che siamo soliti a classificare come “positivi” e “benefici” siano validi, purchè reali e intrinsechi di una visione positiva.
Custodire fiducia, porre certezza nella volontà del raggiungimento dell’obiettivo, essere pronti ad affrontare gli ostacoli, provare piacere nel pensare al fine, attrezzarsi di sensazioni positive ed armoniche.
Che si lascino da parte le leve negative, forse più forti ma meno longeve: costruire qualcosa per mostrarlo ad altri o per dimostrare le proprie qualità al mondo è una falsa partenza. Spesso ci si inganna proprio in questi guadi: è importante impiegare forze a favore di un senso, e non contro. Qualcuno disse: “Non parteciperò mai ad una marcia contro la guerra; ma sarò certamente presente ad una manifestazione in favore della pace”.
L’obiettivo non si raggiunge se non se ne conosce la forma: definire lo scopo, modellare la forma della propria impresa, iniziare a vedere i contorni del successo. E’ necessario costruire il modello della propria vittoria e poi immaginarsi vincere.
Come può essere diverso?
Porsi in armonia con il mondo
Quando si percepisce di Essere si è finalmente giunti nello stato ideale. Solamente sentendosi bene si potrà fare qualcosa di bene.
Il simile attrae il simile; il simile scioglie il simile, e quindi si fonde con esso. La totale connessione con il mondo all’interno del quale si disegnano i propri progetti è inevitabilmente una condizione necessaria al raggiungimento dell’impresa.
Se sto bene sono parte del bene, e partendo da questa condizione ho scelto la via migliore, e probabilmente la unica adatta.
Il punto è che si deve trovare un momento di unione, e per trovarlo ci si deve un poco conoscere.
Trovare un luogo, una attività, un particolare momento della giornata oppure un orario preferito. Ascoltare una certa musica, oppure un suono; trovo il ronzio ipnotico della ventola della cappa della cucina particolarmente rilassante.
Alcuni si rilassano acoltando musica classica, altri preferiscono rimanere al contatto con gli elementi naturali. Ad ognuno la propria comunione.
Taglio, cucino, corro e ritorno!
Personalmente trovo molto rilassante pormi eretto di fronte alla cucina, tra il lavello e i fornelli. Non è tanto il cucinare quanto più lavare le verdure e prepararle per trasformarle in piatti, semplici e colorati.
Pulire, pelare, tagliare a quadratini oppure a fette; tra insalate, ratatouille e marinate trovo una buona pace, che mi permette di attivarmi nel fare qualcosa di concreto e mi dona una buona concentrazione.
In questo stato mi rilasso, impegno la mia manualità e metto in moto immaginazione, pensiero ed ingegno.
Trovo una armonica quiete che mi permette di elaborare delle idee, che spesso, soprattutto nella fase embrionale, sono avvolte da un’aura di confusione. E’ come se l’intuizione mi facesse comprendere che l’idea deve avere un senso, che va trovato; l’euforia è una scossa elettrica lunga e piacevole, ma che mette disordine.
Per facilitare il riordino di tutti i pensieri mi è necessario andare a correre. La corsa è la panacea di molti mali, un medicamento efficace, un rimedio utile, una cura miracolosa. Correndo l’equilibrio psico-fisico si assesta, per via delle reazioni chimiche che avvengono all’interno del corpo; non so esattamente cosa accada, e mi preoccupo solamente di goder dei benefici procurati piuttosto che informare il mio intelletto in maniera più scientifica.
La ricetta ideale per la mia realizzazione di un obiettivo, sia esso un progetto oppure lo sviluppo di un’idea, è quindi questa: mondare le verdure preparando poi dei piatti semplici, andare a correre e rifarmi dello sforzo con il cibo preparato poco prima.